Intervista all’Ing. Modestino Ferraro di RFI

 

RFI è uno dei maggiori attori nel contesto nazionale a sperimentare e perseguire un approccio interopeabile al BIM.

Engisis ha avuto il piacere di intervistare l’Ing. Modestino Ferraro di RFI, che ha condiviso con noi la sua vision. L’Ing Ferraro è responsabile in RFI dell’Ingegneria e Servizi della Direzione Fabbricati Viaggiatori e anche del progetto IFCRail. Coordina, inoltre, il gruppo di lavoro “CDE” all’interno della task force BIM di RFI.

 

Da oltre due anni RFI è protagonista del progetto internazionale IFCRail. Quali sono i vantaggi fino ad ora acquisiti tramite la partecipazione a questo progetto, e quali quelli attesi per il futuro?

Dal 2018 RFI partecipa a questo progetto internazionale, che ci permette di scrivere le regole per l’interoperabilità dei modelli BIM nel settore ferroviario. Quando è iniziata questa avventura, già si parlava molto di BIM, non tanto nel settore ferroviario, quanto in quello edile. Allora non erano ancora veramente chiari i confini e le potenzialità di questo nuovo metodo.

Il primo vantaggio acquisito è quindi legato alla consapevolezza dell’importanza del processo BIM applicato al settore ferroviario. Inoltre, il progetto IFCRail ha permesso l’interazione con altri stakeholder internazionali, gestori di reti ferroviarie in altre nazioni. Infatti, all’interno del progetto, gli esperti della materia ferroviaria italiana di RFI si sono confrontati sui tavoli internazionali con francesi, svizzeri, cinesi, etc. Infine, questa esperienza ha avuto anche delle ricadute all’interno di RFI, in quanto ha portato conoscenza e innovazione in processi interni che sono in corso di evoluzione.

Quali sono i vantaggi per il futuro? Da un lato, lo sviluppo all’interno dell’azienda della metodologia BIM; dall’altro, l’utilizzo di sistemi interoperabili non solo nel processo di progettazione, ma soprattutto in quello di manutenzione e di ingegneria della manutenzione.

Direzione Produzione di RFI ha recentemente redatto una Linea Guida in ambito BIM. Ci può dire di cosa si tratta, quali sono le ragioni che hanno portato alla loro redazione e quali sono i prossimi passi?

Come dicevamo, la partecipazione al progetto IFCRail ha portato anche delle dirette ricadute all’interno di RFI. Una di queste è stata proprio la redazione della “Linea Guida per la creazione e la strutturazione di una libreria per la modellazione BIM a supporto della manutenzione degli asset ferroviari” di RFI, a cura di Direzione Produzione.

Questa linea guida è fondamentale ed è stata in prima linea su questi tavoli internazionali. Consente di dare delle indicazioni al progettista sulla costruzione del modello digitale dell’infrastruttura. In tal modo, sia le informazioni contenute nel modello, che la sua strutturazione, dialogano direttamente con i sistemi già utilizzati all’interno di RFI per la manutenzione dell’infrastruttura sin dalla progettazione. Tra questi sistemi, il principale è costituito da un modulo SAP, chiamato InRETE2000. Se per la costruzione del modello BIM si utilizzassero i tipologici di libreria creati secondo questa linea guida, avremmo la possibilità di trasferire alcune informazioni direttamente dalla progettazione al processo e al sistema di manutenzione. Ovviamente, questo approccio dovrà avere una serie di ulteriori sviluppi, allineati alla metodologia OpenBIM, che portino ad una perfetta continuità di trasferimento delle informazioni, dei modelli e dei dati durante l’intero ciclo di vita dell’opera.

Essendo RFI la stazione appaltante più grande d’Italia, è inevitabile parlare di processi di gestione informativa e il loro legame con la gestione delle gare pubbliche. Perché introdurre l’interoperabilità in questi processi?

Sicuramente RFI è, se non la stazione appaltante più grande, una delle più grandi: ogni anno le nostre gare di realizzazione di nuove opere e di fornitura materiali ammontano a oltre 5 miliardi di euro.

L’utilizzo di piattaforme interoperabili per la gestione informativa, e informatizzata, dell’opera all’interno delle gare è importante e necessaria. E’ necessaria, perchè imposta dal contesto normativo, e in particolare dal “decreto baratono” 560 del 2017. E’ importante, perchè permette lo scambio di informazioni e di modelli, a partire dall’impostazione della gara, fino allo sviluppo della stessa e al dialogo con gli appaltatori.

Interoperabilità diventa quindi un principio chiave da seguire a partire dall’elaborazione del capitolato informativo e delle proposte che arrivano dallo stesso appaltatore nell’ambito delle gare.

Parlando invece di contesto storico, legislativo e di mercato nazionale, come si relaziona l’approccio OpenBIM con questo contesto? E quali sono le leve per poter appianare o risolvere eventuali scontri?

Se da una parte parliamo di OpenBIM, interoperabilità e collaborazione, dall’altra ci scontriamo con un contesto storico, legislativo e di mercato, spiccatamente italiano, di ostilità e contrapposizione tra i soggetti che interagiscono nelle gare pubbliche. Storicamente, il mondo degli appalti in Italia e le leggi che lo hanno regolato, a partire da quelle del 1865 a seguire, hanno visto la contrapposizione tra soggetto committente ed appaltatore. In verità, già nell’attuale codice qualche apertura rispetto ad un dialogo competitivo tra le imprese sarebbe possibile. Di fatto, però, sappiamo tutti che le gare vengono strutturate secondo schemi rigidi che lasciano poco spazio alla collaborazione tra i soggetti, per motivi storici, di abitudine, di responsabilità e di controllo. E’ un aspetto difficile da gestire, perchè quando si superano questi schemi rigidi, si può sfociare in un’ arbitrarietà che in Italia è aborrita. 

Collaborazione non vuol dire arbitrarietà. Collaborazione non vuole dire libertà assoluta. Si può collaborare in maniera trasparente all’interno di un contesto normativo e sociale che lo permetta.

L’attuale contesto deve dunque evolvere, portandosi dietro delle modifiche legislative e dei modus operandi all’interno della pubblica amministrazione e delle grandi committenze pubbliche.

Penso che il futuro sia proprio questo: non contrapposizione tra la committenza e chi deve poi realizzare le opere, ma un dialogo competitivo. Speriamo che l’adozione del metodo BIM porti anche a questo.

Si parla spesso del BIM come metodo per prendere decisioni informate. Lei, come altre figure apicali in RFI, è spesso chiamato a prendere decisioni. Può fornire degli esempi di processi decisionali che potrebbero essere supportati dalla disponibilità di un modello digitale dell’infrastruttura?

RFI, e soprattutto la sua Direzione Produzione (responsabile della gestione e manutenzione della linea), è quotidianamente chiamata a prendere decisioni. A volte si hanno alla base informazioni che necessitano di ulteriori elaborazioni. Avere a disposizione un modello digitale dell’opera, in cui queste informazioni siano facilmente reperibili ed elaborabili, faciliterebbe il nostro lavoro.

Pensiamo, ad esempio, all’evoluzione che si potrebbe compiere legando il modello BIM alle tecnologie di monitoraggio, utilizzando l’IoT su alcuni componenti dell’infrastruttura, che possano dialogare direttamente con il modello a disposizione. Immaginiamo di avere a disposizione informazioni sullo stato dei deviatoi o dei giunti del binario, o di aspetti del segnalamento o della linea elettrica. Attraverso algoritmi di intelligenza artificiale o reti neurali di dati, si potrebbero combinare ed elaborare i dati legati allo stato dei componenti, ai loro modi di guasto, al contesto in cui essi si trovano, alla loro localizzazione, e alla loro relazione con il resto del sistema ferroviario. Il tutto, al fine di effettuare politiche di manutenzione predittiva.

Avere a disposizione informazioni certe, continue e aggiornate è fondamentale per chi è chiamato tutti i giorni a prendere decisioni e a mantenere in esercizio la linea, con milioni di treni e milioni di passeggeri che la attraversano.

È noto che, specialmente in una grande azienda, i processi di cambiamento coinvolgono soprattutto le persone. In base alla sua esperienza, quanto ha inciso il fattore umano nella gestione delle attività BIM che RFI ha fino ad ora intrapreso? 

La gestione del cambiamento è un aspetto cruciale nell’adozione del metodo BIM, che permea l’intera organizzazione. In una grande società come RFI, composta da 27,000 persone,  il problema non è tanto, o solo, economico o di disponibilità di mezzi, quanto organizzativo e umano. Diventa necessario attivare tutte le persone e far sì che tutti lavorino per il cambiamento.

Dobbiamo però considerare che, negli ultimi anni, e più precisamente negli ultimi quindici anni, RFI si è evoluta molto rapidamente. RFI è una realtà ormai abituata al cambiamento, sia organizzativo che tecnologico, ed è una realtà lontana dalla ferrovia statica del passato. RFI, anche se grande, è un’azienda che, se correttamente orientata su questi temi, può rapidamente evolvere. Le esperienze che stiamo facendo in ambito BIM, e soprattutto il fatto che in azienda se ne cominci a parlare, già produce dei cambiamenti.

In RFI è stata creata da poco una task force BIM: un gruppo di lavoro interdirezionale che studi le innovazioni e i cambiamenti, anche organizzativi, da introdurre in azienda. Quindi, se c’è la volontà di portare avanti il metodo BIM, io rimango ottimista perché so che la mia azienda è aperta al cambiamento.