Intervista all’Arch. Viola Albino, BIM Manager Agenzia del Demanio

 

L’Agenzia del Demanio è uno dei maggiori attori nel contesto nazionale a sperimentare e perseguire la metodologia openBIM. Dal 2016, infatti, ha avviato un percorso di sviluppo verso l’implementazione di questa metodologia. Questo percorso vede l’interoperabilità come una delle condizioni chiave per lo scambio di modelli informativi con gli operatori economici, e la conservazione dei dati nel tempo.

Engisis ha avuto il piacere di intervistare l’Arch. Viola Albino, BIM Manager dell’Agenzia, che ha condiviso con noi le esperienze acquisite durante questo percorso e la sua visione sul tema dell’interoperabilità.

Dal 2016 l’Agenzia ha avviato l’adozione dell’approccio BIM. Quali sono i vantaggi fino ad ora acquisiti e quali quelli attesi per il futuro?  

Riteniamo che l’approccio BIM si sposi perfettamente con il doppio ruolo dell’Agenzia: quello di gestore del patrimonio immobiliare e di stazione appaltante. Da un lato il BIM è utile per ottimizzare il nostro processo di conoscenza degli immobili e dall’altro ci permette di migliorare la qualità dei servizi.  Attualmente applichiamo questa metodologia dalla rilevazione dell’esistente fino alla progettazione esecutiva e quest’anno l’Agenzia si sta dedicando allo sviluppo del processo relativo alla fase di esecuzione dei lavori.

Abbiamo percepito un iniziale calo di produttività legato chiaramente all’utilizzo dei nuovi strumenti e dei nuovi processi, ma, superata quella fase necessaria di assestamento, abbiamo riscontrato subito dei benefici.  Abbiamo ottenuto un maggior controllo di tutti gli appalti in fase di servizio, in quanto l’approccio BIM ci permette di essere molto più presenti nella fase di raccolta e lavorazione dei dati. Questo si traduce sia in uno snellimento delle procedure di verifica dei nostri servizi, siano esse demandate ad operatori interni o esterni, sia in una maggiore sistematicità nella raccolta dei dati.

Di conseguenza, abbiamo informazioni sempre fruibili e, gestendo un patrimonio di ormai 42000 immobili, è fondamentale poter mettere queste informazioni a disposizione di tutti gli stakeholders del processo edilizio.

“Per il futuro, ci aspettiamo altrettanti benefici nell’applicazione di questo metodo alla fase di esecuzione dei lavori.”

Quello che ci aspettiamo, in particolare, è la riduzione delle varianti in corso d’opera, che come sappiamo sono la maggior fonte di ritardi nella realizzazione delle opere; il mantenimento costante in tutto il ciclo di vita dell’immobile di un flusso informativo che ci permetta di tenere sotto controllo le caratteristiche rilevanti dello stesso; la possibilità di programmare e prendere decisioni più consapevoli rispetto agli interventi che dobbiamo fare sul patrimonio.

L’Agenzia, in qualità di gestore del patrimonio immobiliare italiano, ha deciso di adottare processi di gestione informativa, sia internamente che per interfacciarsi con i suoi fornitori. Perché parlare di interoperabilità all’interno di questi processi?

Il concetto di interoperabilità implica la capacità di collaborazione tra sistemi differenti che “parlano” lingue diverse. Un concetto di sinergia che facilita l’interazione e la comunicazione tra gli attori, portando all’interno del processo edilizio evidenti benefici.

Difatti, la comunicazione e la collaborazione sono fondamentali all’interno di un iter decisionale e progettuale. L’interoperabilità è inoltre più volte citata ed esplicitata all’interno della normativa di settore; la ritroviamo nel Codice degli appalti all’articolo 22 e soprattutto nel Decreto 560/2016 del MIT, il cosiddetto Decreto BIM.

Tuttavia,  a prescindere dall’inquadramento normativo, l’Agenzia ha deciso di abbracciare questo approccio per i suoi risvolti positivi in termini di possibilità di comunicazione e, soprattutto, con l’obiettivo di sostenere il libero mercato. Uno degli obiettivi infatti è lasciare agli operatori libera scelta nell’approcciarsi agli strumenti di modellazione e controllo; una scelta che sia indipendente dagli strumenti utilizzati dalla stazione appaltante, non solo per agevolare un flusso di lavoro indipendente, ma soprattutto per permettere agli operatori di utilizzare le piattaforme più consone alla gestione informativa interna dei processi e dei progetti.

 “Qual è il beneficio? In questo modo, gli operatori sono più indipendenti ed efficaci nei servizi, mentre l’Agenzia conserva la leggibilità dei dati nel tempo.”

 Di fatti, non è più obbligata ad acquistare costantemente nuovi software e soprattutto non è sottoposta ad eventuale obsolescenza informativa, laddove quei software non vengano più sviluppati. Saremo sempre in grado di leggere nel tempo i modelli prodotti e questo, ovviamente, riduce la possibilità di dover ripetere servizi e di dover riacquisire dati che nel tempo potrebbero andare persi.

A tal proposito, nel 2020 l’Agenzia ha avviato un processo di qualificazione della domanda secondo i principi dell’interoperabilità. Qual è stato l’approccio metodologico seguito? E a cosa ha portato/sta portando questo processo?

Nel 2020 l’Agenzia ha deciso di consolidare il passaggio verso l’openBIM, attraverso la qualificazione della domanda e l’allineamento dei processi interni a quanto previsto dalla ISO19650. Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo avviato una collaborazione, un affiancamento, con consulenti esterni, come voi.  Grazie a questa collaborazione, che è avvenuta tra il Nucleo Opere Digitali, la struttura dell’Agenzia che si occupa dell’indirizzo e del coordinamento delle attività BIM di tutte le strutture territoriali, e i nostri consulenti, abbiamo definito in maniera strutturata una gerarchia di requisiti informativi necessari per l’aggiornamento del nostro corpus documentale.

Quindi, per prima cosa abbiamo identificato i requisiti di processo e i requisiti informativi a livello aziendale. Poi abbiamo definito i requisiti informativi per lo svolgimento degli interventi e per la gestione dei Beni a più livelli, fino al singolo servizio. Abbiamo esplicitato i nostri fabbisogni informativi a seconda del tipo di intervento e del tipo di servizio che andiamo a realizzare sul bene, anche a seconda della fase di processo in cui ci troviamo. Questo percorso ha chiaramente previsto la definizione degli Usi specifici del BIM e l’implementazione e la caratterizzazione di una base dati IFC per sostenere l’interoperabilità. Identificare Usi del BIM ci permette di specificare i nostri documenti di gara, accogliendo tutte le eventuali variabili che sono innegabili all’interno di un processo edilizio, che per definizione non è un processo standard.

 “Tutto questo è stato pensato con la certezza che una domanda qualificata avrebbe condotto indubbiamente ad aumentare la qualità dei nostri servizi, rendendoli confrontabili.”

 Un aspetto assolutamente fondamentale per una stazione appaltante che produce una quantità di dati notevole ogni anno. I dati sono finalmente omogenei e lo saranno sempre più. La base dati inserita nei nostri documenti non verrà negli anni modificata radicalmente, ma semplicemente ampliata e aggiornata, con riguardo alla peculiarità delle nostre attività.

 Concludiamo chiedendole una riflessione sul tema più ampio della cultura e delle competenze openBIM: come si collocano il mercato italiano e la filiera delle costruzioni rispetto a questo tema?

Come dicevo all’inizio, quando si approccia questo nuovo metodo bisogna aspettarsi un’endemica parte di calo della produttività. Credo che il mercato italiano abbia vissuto in pieno questa fase, ma che la stia superando, trainata da alcune realtà veramente virtuose tra gli operatori economici e da uno scambio produttivo tra enti e professionisti. Sicuramente, questa fase intermedia in cui permane un senso d’incertezza nell’utilizzo di questi strumenti è anche dovuta ad una sorta di vuoto normativo. Gli strumenti che abbiamo a disposizione sono molti, ma forse ancora non abbiamo una piena consapevolezza di come debbano essere utilizzati. Il 2020 con le sfide che tutti quanti conosciamo ha accelerato questo processo di presa di consapevolezza rispetto ai benefici della digitalizzazione, quanto meno rispetto ai metodi di lavoro standard.

Torniamo, per esempio, a quel concetto di interoperabilità che abbiamo citato prima, estendendolo ad un sistema di lavoro più che un sistema di mera conversione di dati. Direi che in questo momento ci troviamo in una fase di passaggio tra processo classico e BIM, e tra il BIM utilizzato come efficace metodo di gestione interna e un openBIM volto alla collaborazione verso l’esterno. Questa fase ci obbliga a diventare attori di una necessaria diffusione della cultura dell’openBIM tra operatori e amministratori pubblici e prevede una costante e continua formazione del personale tecnico e amministrativo.

 Quello che mi auspico personalmente è che il lavoro che stiamo facendo in Agenzia non risulti soltanto utile a noi, ma che possa essere compreso e apprezzato dagli operatori del settore e magari anche di sostegno ed esempio per le altre stazioni appaltanti, non fosse altro che per gli evidenti, reali e quantificabili benefici che implementare questo metodo comporta.